ŠTEFAN ČOK |
Trieste è stata il cuore del viaggio, per il carattere di crocevia fra nazioni e culture e la capacità di rappresentare la stratificazione delle memorie. Sono ancora riconoscibili le tracce di lunghissimo periodo dell'epoca asburgica, della presenza slava e centroeuropea; sono espressione di questa pluralità i luoghi di culto. Il porto è il vero simbolo dell'incrocio nord-sud ed est-ovest. Le imponenti architetture ottocentesche, sede di istituzioni necessarie alle relazioni commerciali, sono segni del ruolo storico di una città, cresciuta grazie al vasto sistema di relazioni internazionali. Dai grandi ai piccoli luoghi – i caffè, le librerie, dove si è materializzata la presenza della grande letteratura di confine – è da qui che il viaggio ha dato le prime sollecitazioni. Si è dato uno spazio specifico ai segni lasciati dal tempo di guerra: monumenti, lapidi, edifici ricostruiti dopo la violenza distruttrice dell'occupazione tedesca della zona del Litorale adriatico, la Risiera di San Sabba. Ci hanno guidato gli storici alla decodifica del linguaggio di luoghi, che ricordano lacerazioni e hanno lasciato memorie inevitabilmente divise. Non ha prevalso, alla Risiera, la volontà dell'alleato occupante, che ordinò la distruzione di ogni traccia dell'uso che ne fece: concentramento per ogni categoria di indesiderabili e/o perseguitati, transito verso i lager per gli ebrei, unico campo italiano dotato della macchina di morte.
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