L'incontro con i luoghi simbolo dell'esodo è stato l'approccio al vissuto degli italiani che scelsero di lasciare le terre di confine. Abbandono di patria e casa, testimoniato dalle masserizie accatastate nelle stanze del cosiddetto “Magazzino 18”, simili a quelle del Centro raccolta profughi di Padriciano. Sono i luoghi dei ricordi personali: oggetti della vita quotidiana, fotografie, tutto quello che era stato parte dell'esistenza di persone e famiglie. Fu una scelta dolorosa, ma obbligata. Le politiche del regime comunista jugoslavo prevedevano teoricamente un'integrazione, di fatto gli italiani furono trattati nella maggioranza come “nemici del popolo”, identificati con i fascisti e oggetto di abusi. A guidare il gruppo è stato il racconto di un esponente dell'IRCI, associazione nata per promuovere la conoscenza delle storie di confine. È qui che i nostri studenti hanno raccolto la testimonianza più sofferente, ancora rancorosa. Ci accompagnava anche un istriano di Pola, partito a 17 anni e tornato per diffondere una cultura del dialogo. Due opposti approcci, nello stesso luogo, due diverse elaborazioni del lutto, ancora una lezione su memoria e storia. Anche a Padriciano, meta del primo viaggio con gli studenti (2018), era stato un ex-profugo ad offrire una narrazione dell'abbandono e della sofferta ricerca di un'identità altrove, ma era stato capace di suscitare empatia nei ragazzi.